mercoledì 28 ottobre 2009

CIMOLI, LE CONSULENZE ED I LUPINI

Mentre il buon Cimoli non si riesce ad interrogare, su Economy va in onda la sua difesa per mezzo del "guru della consulenza Roger Abravanel, direttore emerito di McKinsey e autore di Meritocrazia"; facendo riferimento ai 200 azionisti (appena il 5%) della vecchia Alitalia, egli ci ricorda che "la giustizia civile è però meno efficace nel contrastarle rispetto al mondo anglosassone" e scarica la responsabilità su "chi fa le regole e con chi non vigila in maniera adeguata" ricordandoci che "nel caso di Alitalia vi erano troppi limiti sindacali"; quasi quasi, alla fine ci mancava un bel "santo subito".

McKinsey, va ricordato, è la sociietà a cui il buon Cimoli,
assegnò lo sviluppo del piano di salvataggio di Alitalia (quello partorito a Palazzo Chigi prima che gli venisse affidato l'incarico in Alitalia), siamo nel giugno 2004, (dopo qualche mese Cimoli "cancella" in malo modo il sindacato autonomo Sult rischiando una raffica di scioperi su cui si potevano scaricare le responsabilità delle perdite di Alitalia) e si tira in ballo un progetto di fusione con Volare che prima di poter convolare a nozze con Alitalia, finirà a gambe all'aria in un disastro finanziario, con "500 milioni di euro inghiottiti in un buco nero di spese pazze, investimenti spericolati o drenati illecitamente"; il matrimonio Alitalia - Volare però, "s'aveva da fare" così passa qualche anno e la moribonda Alitalia acquista Volare soffiando l'affare ad Air One; l'ironia della sorte (?) vuole che dopo qualche tempo, Carlo Toto sia azionista della nuova Alitalia comprensiva della stessa Volare ed è anche sull'acquisto di Volare che sta indagando la Procura di Roma nell'ambito del crac di Alitalia.


Passa il tempo ed il sindacato Sult critica la McKinsey circa la reale competenza in materia di trasporto aereo arrivando a suggerire al governo di evitare la McKinsey come advisor per Alitalia; in effetti i dubbi non mancano e la difesa di Cimoli, non fa che rafforzarli; come si fa a parlare di limiti sindacali quando ci sono stipendi di 500 euro a fronte di responsabilità da servizio pubblico? E' castrazione sociale questa, istigazione ad abortire se non a delinquere; 500 euro per un turnista è prendersi le sue chiappe; dove sono i "limiti sindacali"?

Ma 'sto guru, se l'è mai letta la
relazione di Fantozzi? I dati su produttività e costo del lavoro, oramai dovrebbero essere noti a chi ha interesse per l'argomento; se poi non si vuol sentire, è un altro discorso ma, è dal 2004 che la stampa s'è resa conto che la colpa non è dei dipendenti; naturalmente rendersene conto non vuol dire necessariamente divulgare all'opinione pubblica.

Di certo c'è che McKinsey ha ricevuto
51 milioni di euro (nostri) "per consulenze che, stando ai fatti, non fruttarono un lupino"; altro che barzellette sui carabinieri... perchè non provano a illuminarci su certe coincidenze che ci riportano alla mente funeste premonizioni su Alitalia? Vero è che sono premonizioni del 1997 ma è anche vero che, ad esempio, il buon Berlusca ha dichiarato di lavorare dal 1994 al riavvicinamento tra Italia e Libia; evidentemente se l'affare è grosso, si possono aspettare decenni ed Alitalia, mica era un "affare" tanto piccolo; magari, ci potrebbero illuminare su certe voci di speculazioni su Alitalia; ad esempio si potrebbe parlare delle voci sull'interessamento di George Soros per Alitalia; George Soros per intenderci, è quel signore che oltre ad aver ricevuto una laurea honoris causa a Bologna (con Prodi a suo fianco), viene ritenuto responsabile dell'attacco alla lira che costò "40 mila miliardi spesi dalla Banca d' Italia nel tentativo di difendere la nostra moneta dalle manovre degli speculatori esteri" che portò a crisi, indebitamento e privatizzazioni.

lunedì 19 ottobre 2009

PRIVATIZZAZIONI: PIANGE IL TELEFONO

In tema di privatizzazioni, quì di seguito un interessante articolo a firma di Davide Giacalone, pubblicato lo scorso 13 agosto su Libero

Cellulare caro, destino amaro
di Davide Giacalone - Libero 13/08/2009

"Non è la storia di una “normale” fregatura per i consumatori, è una tragedia nazionale. Noi siamo il Paese con la più alta densità mondiale di telefoni cellulari (più di 150 ogni 100 abitanti), ma paghiamo il traffico oltre la media dei Paesi industrializzati (fonte Ocse). Un non senso economico, che però è niente rispetto
alla più umiliante sconfitta: partimmo con un gran vantaggio e ci ritroviamo senza operatori nazionali. Chi vorrà raccontare le tappe del declino, non potrà saltare il capitolo delle telecomunicazioni.Se si guarda solo l’andamento delle tariffe telefoniche, con riferimento esclusivo al nostro mercato nazionale, sembra che le cose non potrebbero andare meglio, con un calo progressivo che contrasta la crescita dell’indice dei prezzi. Ma se si confronta quel che è avvenuto in Italia con quello che è avvenuto ed avviene in Paesi direttamente paragonabili (non lo sono gli Stati Uniti, per ragioni tecniche) il sorriso appassisce. Visto che ci sono più gestori, quindi siamo in un regime di concorrenza, qualcosa di profondo non funziona. L’autorità di controllo non ha fatto al meglio il proprio dovere, le tasse governative sugli abbonamenti distorcono il mercato, il mancato via libera ai gestori virtuali (che non dispongono di rete propria e portano la concorrenza nel settore dei servizi) è stato un costoso regalo alle compagnie esistenti. Noi tutti, che paghiamo troppo il nostro telefono cellulare, dobbiamo ringraziare il legislatore, il governante e gli arbitri. Questo, però, non è il lato peggiore.Nel 1990 eravamo all’avanguardia in Europa, vale a dire nel mondo. La penetrazione dei cellulari era superiore solo in alcuni Paesi scandinavi, dove, però, la poca densità della popolazione e le condizioni climatiche avevano sconsigliato la diffusione dei cavi e favorito le reti in radiofrequenza. Non solo eravamo in anticipo, ma avevamo un campione nazionale, quotato in Borsa e controllato dallo Stato, per il tramite della finanziaria Stet. Si chiamava Sip, la Tim non era ancora nata. Da allora in poi sono successe tre cose, equivalenti a tre offese agli interessi nazionali: 1. la concessione al secondo gestore, Omnitel, facente capo alla Olivetti, fu data, dal governo Ciampi, in omaggio ad equilibrismi di potere economico e politico, non per meriti o reali promesse di mercato; 2. Telecom Italia fu privatizzata, ministro del tesoro sempre Carlo Azelio Ciampi, con regole che, immediatamente dopo, furono tutte clamorosamente violate, inoltre fu venduta per fare cassa, senza strategia di mercato ed apertura reale alla concorrenza; 3. il colpo mortale arriva con la scalata illegale, avviata da una cordata radicata all’estero, con soggetti che rimangono ancora oggi sconosciuti, e favorita dal governo dell’epoca, presideuto da Massimo D’Alema. Tre pietre tombali.Oggi ci ritroviamo ad essere un Paese di consumatori non produttori, che usa massicciamente la telefonia cellulare, ma non dispone della larga banda, quindi dei servizi più moderni e necessari a rendere dinamico il sistema produttivo. Ma abbiamo gestori tutti posseduti dall’estero, senza protagonisti nazionali, con la stessa Telecom Italia trasformata da gallina dalle uova d’oro in pollo indebitato, talché gli spagnoli di Telefonica posseggono la maggioranza relativa nella scatola di controllo (Telco), in attesa di deglutire il boccone o rigurgitarlo, a favore di altri stranieri. L’indotto tecnologico quasi inesistente.Tenere le tariffe alte allo scopo di tutelare dei protagonisti nazionali non è una bella cosa, ma almeno ha un senso. Gravare, invece, sulle tasche dei cittadini allo scopo di tenere in equilibrio conti aziendali di chi ha fatto troppi debiti, arricchendo investitori stranieri, è sospetta follia. A questa seconda dottrina ci siamo allineati, da anni.Mi ha colpito la superficialità con cui molti hanno commentato, o semplicemente riportato, i dati Ocse. Se si somma quel che ciascuno di noi paga di troppo a quel che è stato sottratto al patrimonio nazionale, si ha il totale della più grande rapina effettuata. Ma senza troppo scandalo, anzi, con qualche prezzolato applauso."

Si consiglia anche la lettura di:

PRIVATIZZAZIONI: SU GS SUPERMERCATI

"CHI VUOLE UCCIDERE LA PIRELLI?"

venerdì 9 ottobre 2009

"ALLONS ENFANTS DE LA PATRIE..."

"Alitalia si è ripresa e funziona. Solo che deve fare i conti con i giornali anti italiani che riportano commenti negativi". Silvio Berlusconi, 7 agosto 2009


Lo stato francese rappresenta il

maggiore azionista di Air France -KLM controllandone il 15,7%; a sua volta Air France è il maggiore azionista della nuova Alitalia, avendo acquistato per 323 milioni di euro dai soci CAI, il 25% delle azioni della nuova Alitalia. Air France, assieme ad Accor, Veolia, Alcatel Lucent, Renault, Chantiers de l'Atlantique, Thales e Safran, fa parte del Fondo Sovrano voluto da Sarkozy di cui avevamo già accennato; c'è di tutto, dai cantieri navali all'industria aerospaziale, dal trasporto aereo al trasporto ferroviario, dagli alberghi alle agenzie di viaggio, dalle centrali nucleari al trattamento e smaltimento di rifiuti passando per la vendita di acqua, dalla produzione di energia ai radar fino alle portaerei; coicidenza vuole che si tratti di settori e di aziende che in Italia sono in via di (disastrosa) privatizzazione e/o dismissione. I francesi devono vedere di buon occhio politicanti, economisti e lobbisti vari quando questi sono accaniti fautori delle privatizzazioni in Italia e se andiamo a vedere l'elenco delle "legion d'honneur" italiane, il dubbio si rafforza; "mors tua vita mea" è più attuale che mai e purtroppo la differenza tra italiani e francesi, non è poca.


Durante la trattativa per la vendita di Alitalia, il Presidente della Regione Lazio Piero Marazzo, aveva proposto l'ingresso della Regione Lazio tra i soci della cordata CAI ma, tale proposta venne stoppata da Corrado

Passera di Intesa San Paolo che chiuse la porta a regioni ed altri enti locali poichè si doveva trattare di privatizzazione e quindi non dovevano essere presenti soci pubblici (per i soldi pubblici, un occhio si può sempre chiudere). Passera disse anche che Air France non avrebbe avuto il controllo della nuova Alitalia.

Sarebbe interessante sapere chi controlla la nuova Alitalia e quindi chi sia il responsabile delle performances estive della fù compagnia di bandiera; di sicuro c'è che se è stato impedito l'ingresso alla Regione Lazio, ci si è ritrovati dentro anche il GIC (fondo sovrano di Singapore) oltre che allo stesso stato francese (attraverso Air France) ed ai lavoratori di Air France poichè il 12,1% delle azioni di Air France è in mano ai dipendenti di Air France che si sommano al 15,7% in mano allo Stato Francese.

Già, i dipendenti; i dipendenti di Alitalia avevano messo sul piatto 340 milioni di euro tra TFR e parte degli stipendi oltre che la loro stessa professionalità; noccioline rispetto alle liquidità dei patrioti della CAI che si erano impegnati a versare in contanti a Fantozzi "ben" 327 milioni di euro, in due rate; peccato che a luglio, mentre Fantozzi si aspettava una prima rata di 170 milioni, la CAI ne abbia versato solo 70; naturalmente, il TFR ai dipendenti della fù compagnia di bandiera, se non lo paga Fantozzi, lo deve pagare l'INPS e poichè Fantozzi potrebbe ricevere meno di quanto pattuito (ed era già poco) dalla CAI e si ritrova pure a pagare i vigilantes per evitare che, pezzo per pezzo, gli freghino gli aerei che non è riuscito a vendere.

Magari Air France non controlla la nuova Alitalia ma sarebbe certo interessante sapere chi è la mente che costringerà i passeggeri italiani a transitare da Parigi per andare a Berlino, Hong Kong, Singapore e Montreal e viceversa; per andare a Città del Capo ci si imbarcherà a Fiumicino, poi si farà una capatina ad Amsterdam e poi si torna giù; evidentemente un Malpensa - Fiumicino - Città del Capo era troppo banale (o troppo complicato) e lo stesso dicasi per tratte come Fiumicino - Malpensa - Berlino o Montreal.

Se in aria le cose andranno male, a terra le cose vanno peggio; i pesantissimi disagi sofferti dai passeggeri, sopratutto quelli transitati da Fiumicino, secondo l'Enac, sarebbero principalmente conseguenza dell'insufficienza del personale di terra di Fiumicino; si ricorda che si tratta di disagi che sono preseguiti per diverse settimane, tant'è che nei week end, anche i dirigenti si sono messi a scaricare bagagli; sorvolando sull'aspetto del "servizio pubblico" (che evidentemente vale solo per i doveri dei dipendenti) e su chi lo dovrebbe tutelare, la sensazione è che si stia risparmiando sul personale di terra in vista di future (prossime) dismissioni di attività, come sta avvenendo in numerosi aeroporti medi e piccoli dove Alitalia sta trattando la cessione (vendita?) dei servizi di terra.

In una nota informativa del 5 luglio, la UIL Trasporti comunica che i servizi di terra di Napoli verranno ceduti (venduti?) alla GH, a Palermo le trattative sono in fase avanzata mentre per quanto riguarda gli scali di Catania, Lamezia Terme e Reggio Calabria, siamo ancora alle manifestazioni d'interesse delle società di gestione e di diversi soggetti di handling; non c'è fretta, così le cessioni avverranno alle condizioni migliori (o al miglior offerente?); nel frattempo si cede anche il ramo d'azienda Payroll alla Byte Software House S.p.A. nell'ambito della dismissione (vendita?) dei settori Vendita, Call Center, Amministrazione Commerciale.

Sarà una sensazione, ma quanto sta accadendo ricorda tanto il piano (di colonizzazione) di Air France ( e francese in generale); la differenza è che c'è un ristretto gruppo di persone che ci possono guadagnare una barca di soldi, soldi che non pagheranno di certo i francesi; se non fosse per la gravità della vicenda Alitalia e delle pesantissime conseguenze sul sistema Paese ci sarebbe da sbellicarsi dal ridere; purtroppo non ce lo possiamo permettere da un pezzo.

IMPREGILO: UN PO' DI AZIONARIATO (PASSANDO PER CAI...

ALITALIA: partono gli interrogatori

ITAGLIANITA'



Lo scorso 1 ottobre Alitalia ha accolto in servizio in servizio 3 nuovi Airbus A 320 (Torquato Tasso, Niccolò Macchiavelli e Giovanni Pascoli) che saranno usati sul monopolio, pardon, sulla rotta Milano - Roma - Milano; il primato del tricolore innanzitutto. Peccato che per ciò che riguarda gli aerei, si tratta di tricolore si, ma di quello irlandese poichè anche in questo si tratta di aerei registrati in Irlanda (sigle EI-DTH, EI-DTI e EI-DTJ); ebbene si, la nuova Alitalia ha più aerei registrati in Irlanda che non in Italia, alla faccia di tutti quelli che le tasse le pagano in Italia ma, vuoi mettere la soddisfazione di aver contribuito a "salvare l'Alitalia e l'italianità"?


SULL'ITAGLIANITA'



Un bel giorno di qualche annetto fà, Montezemolo, ricevette il Tapiro d'oro da Striscia la notizia perchè cappellini e magliette Ferrari erano prodotti in Bangladesh, in Cina e via dicendo; lui si difese dicendo che l'importante erano le auto perchè cappellini e magliette sono prodotti popolari che possono essere confezionati all'estero; qualche annetto dopo presenta in pompa magna la nuova FIAT Cinquecento che dovrebbe rappresentare l'italianità se non fosse per il piccolo dettaglio che viene costruita in Polonia, mica in Italia; dettagli, l'importante è che anche l'ennesima FIAT "made in Poland" può usufruire degli incentivi statali, cioè dalle solite tasse dei soliti polli sempre più spennati che naturalmente pagano anche la cassa integrazione per la FIAT in Italia; lo spot della nuova Cinquecento questo però non lo dice.
Passa qualche mese e Montezemolo critica Berlusconi perchè usa
auto straniere (malgrado lo stesso Montezemolo gli avesse regalato una Maserati Quattroporte); passano un pò di mesi e Berlusconi propone al "commendatore della legion d'onore" Montezemolo il ruolo di "ambasciatore del made in Italy", proposta che Montezemolo accoglie.



ALITALIA E ITALIANITA': IL GRANDE BLUFF

mercoledì 7 ottobre 2009

(ANCHE) STAVOLTA PAGO IO



Aeroporti. Prendono forma i piani d’investimento dei gestori in vista del confronto con il governo
Le nuove opere saranno finanziate con l’aumento delle tariffe



"Tre miliardi e oltre da spendere in dieci anni per il raddoppio dell’aeroporto di Roma Fiumicino. Un miliardo e ottocento milioni a Milano per il potenziamento di Malpensa con la terza pista e alcune migliorìe a Linate.
Sono le cifre che trapelano dai piani di sviluppo per i prossimi dieci anni delle due principali società aeroportuali italiane, Aeroporti di Roma (Adr) e la Sea di Milano.

I piani di investimento, non ancora ufficializzati, saranno presentati a Villa Madama il 14 ottobre. Una cerimonia concordata con la presidenza del Consiglio, con la quale il Governo gioca la carta degli aeroporti come motore di sviluppo, con circa cinque miliardi di spesa in dieci anni...... L’azione del nuovo presidente di Assaeroporti, Fabrizio Palenzona, che è anche presidente di Adr e vicepresidente Unicredit, ha segnato un punto a favore degli scali: la promessa del ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, di aumenti tariffari ponte per 18 mesi, in attesa che l’Enac possa analizzare i piani di investimento e negoziare i contratti di programma con i quali le tariffe aumenterebbero in modo stabile....................Gli aeroporti attendono che Matteoli firmi il decreto a giorni. Ma occorre anche la firma del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Le compagnie aeree hanno subito protestato contro gli aumenti, mentre il settore è in crisi. Non sarebbero comunque i vettori a pagare l’aumento, che verrebbe scaricato sul costo dei biglietti, cioè sui consumatori. Basandosi sul traffico del 2008, si può stimare che con queste ipotesi nel 2010 Adr potrebbe incassare circa 60 milioni di euro in più, la Sea 42 milioni, la Save di Venezia 7 milioni....Il presidente del comitato di direzione di Star Alliance per l’Italia, Luca Graf, osserva: «La regola dovrebbe essere che prima si migliora il servizio, poi possono aumentare i costi. Ma sembra si voglia fare il contrario»".

Di Gianni Dragoni, tratto da
Il Sole 24 Ore 6 ottobre 2009 (articolo intero)

Gli aumenti tariffari sono nella logica italica, la naturale conseguenza dei disservizi patiti dai passeggeri in questi mesi; invece di sanzionare pesantemente chi non ha saputo offrire adeguato servizio pubblico, ci si adopera per rimpinguare le casse di chi in passato ha già dimostrato di "peccare molto nella gestione"; le tariffe si possono aumentare per favorire gli investimenti (prevalentemente cemento), mica per (ri)dare dignità ai lavoratori oramai condannati a stipendi da fame e, naturalmente, guai a parlar di sciopero.


SCUDO SPOT


La pagina pubblicataria che potete "ammirare" è de Il Giornale del 30 settembre 2009 e, anche se lo scudo fiscale non era ancora stato approvato, già ci si muoveva per recuperare clienti.
Dei 300 miliardi di euro che potrebbero rientrare in Italia, soltanto dai 2 ai 4 miliardi dovrebbero entrare nelle casse pubbliche mentre Il Sole 24 ore del 23 settembre recita testualmente: "sterilizzati i controlli anti-riclaggio.
A proposito di condoni & c., vale la pena di ricordare la privatizzazione di GS Supermercati e successiva vendita ai francesi tramite società costituite in Lussemburgo: invece di 877 milioni di euro, il fisco italiano dovette chiudere la bocca con 29,8 milioni versati per il condono tombale del 2002.
Tratto da: L'irrequieto blog

venerdì 2 ottobre 2009

LA BORSETTA DI MAMMA'...

Sarebbe stato interessante approfondire la relazione semestrale del ministero dei Trasporti con la quale si accuserebbe la nuova Alitalia di monopolio nella tratta Milano Roma e, al tempo stesso, valutare il commento del titolare di tale dicastero che, prende le distanze dalla relazione redatta dalla direzione generale competente dello stesso Ministero (SIGH!!!) ma, preferiamo spostare la nostra attenzione su un altro argomento e per la precisione, il prestito di 100 milioni di euro "di liquidità fresca" che Intesa Sanpaolo e Unicredit inietteranno nel serbatoio di Alitalia; secondo quanto riportato su Il Messaggero, il prestito sarebbe ripartito equamente in quote uguali di 50 milioni, avrebbe una durata di quattro anni, sarebbe suddiviso in due tranche (A e B) e la tranche A, di complessivi 62,5 milioni, sarebbe garantita all’80% dalla Sace S.p.A. (Servizi Assicurativi del Commercio Estero); il capitale sociale di SACE SpA è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Gli impegni sono garantiti dallo Stato Italiano.
SACE "offre servizi assicurativi e finanziari a favore dell’internazionalizzazione delle imprese italiane; sviluppa attività di assicurazione, riassicurazione e garanzia dei rischi di carattere politico, valutario e commerciale a cui sono esposte le imprese e le banche italiane nelle loro operazioni commerciali e di investimento in Paesi esteri.
La missione di SACE è di accrescere la competitività delle imprese italiane nelle loro attività di internazionalizzazione."Tra le operazione più recenti possiamo ricordare i 120 milioni di euro in favore di TOFAS (FIAT) per la produzione del nuovo Doblò (Turchia), i 115 milioni in favore di TIM per la licenza per frequenze di telefonia mobile UMTS in Brasile.

La domanda sorge spontanea: se la nuova Alitalia (o ciò che ne resterà), tra qualche tempo, dovrebbe andare a gambe all'aria, i soldi alle banche (e quindi anche a banca Intesa, tra l'altro azionista di Alitalia), li deve dare la SACE, cioè il Ministero dell'Economia e delle Finanze, cioè pantalone?