lunedì 16 febbraio 2009

MONSIEUR SPINETTA, ALITALIA, AEREI ED ERRORI

Qualche settimana addietro è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore un’interessante intervista al presidente di Air France – KLM, Jean-Cyril Spinetta.

Prima di entrare nel merito dell'intervista, va ricordato che Spinetta oltre ad essere alla guida di Air France dal 1997 (e dal 2004 del gruppo Air France-KLM), è stato nominato prima cavaliere e poi ufficiale della Legion d'onore ed ha frequentato l'ENA (Ecole Nationale d'Administration - Scuola nazionale di amministrazione); si tratta di un'istituzione dove si afferma "il principio meritocratico contro quello clientelare e/o di cooptazione"; siamo lontani anni luce dall'Italia dove ad un PdL con un'elevata concezione del merito e che vuol fare scempio della scuola pubblica, si contrappone un PD dove il proprio "faro illuminante" in materia di lavoro, Ichino, propone di mettere da parte i concorsi per far spazio ad un clientelismo responsabile; chi sa, magari se Spinetta fosse nato in Italia, ora starebbe a insegnare gratis di mattina e a friggere patatine la sera.

Nell'intervista, Spinetta, che dal 1997 auspica "un'intesa forte" tra Air France ed Alitalia, pur evitando di parlare nello specifico delle cause del “disastro” Alitalia (che ha portato Air France - KLM a diventarne l'azionista di maggioranza relativa con il 25% ), evidenzia i fattori che secondo lui decidono il successo o il fallimento di una compagnia aerea; nel caso di un’azienda pubblica e nel caso di un indotto così vasto e strategico, possiamo aggiungere noi, che il successo può essere inteso come l’erogazione di un efficiente servizio pubblico con bilanci in pareggio, almeno come media in un determinato periodo.

TRASPORTO AEREO: ECONOMIA DELLA DENSITA'

Spinetta conosce bene la propria compagnia e le dinamiche internazionali del trasporto aereo che ricorda essere descritto dagli americani come un'economia della densità e cioè un'attività ad alta intensità di capitale, a cominciare dallo stesso acquisto di aerei che condiziona l’industria aerospaziale nazionale con tutto ciò che ne consegue; sull'acquisto di aerei da parte di Alitalia è opportuno approfondire rispetto all'intervista di Spinetta.


ALITALIA, AEREI ED AIRBUS
E'risaputo che ai francesi Alitalia interessasse per potergli vendere gli aerei di Airbus (altro motivo di interesse è che quello italiano è il quarto mercato d'Europa per numero di passeggeri e questo mercato, non è "delocalizzabile"); per capire quanto possa essere importante il mercato aerospaziale, andrebbero ricordate le parole dell'ex ministro dei trasporti Claudio Signorile durante la sua audizione in commissione stragi del 20 aprile 1999: "...per quali ragioni l’Alitalia era stata portata su certi aerei…" - "...cosa significa scegliere Lockheed anziché Douglas? A quel tempo ciò significava qualcosa: significava, infatti, entrare in un sistema di alleanze, che poi ha segnato una grande ed importante svolta. Lo scandalo Lockheed nasce non dal fatto di aver preso le mazzette, ma dallo scontro tra questi due gruppi."

Oggi i due principali concorrenti nel mercato dell'aviazione civile sono Boeing-McDonnell e per l'appunto Airbus; Alitalia con una flotta il cui nocciolo duro era rappresentato da 75 MD80/82 (vecchiotti ma con la giusta manutenzione, efficienti ed affidabili) e con il lungo raggio affidato a B 777 e B767, era un boccone troppo ghiotto per lasciarselo scappare.

Airbus però negli ultimi anni ha attraversato momenti veramente
difficili, dai ritardi del programma A 380 (con un costo stimato di 6,8 miliardi di euro e conseguente perdita del 26% del valore azionario) e dell'aereo da trasporto militare A 400, all'insider trading a opera di suoi manager ed azionisti che essendo a conoscenza dei problemi dell'A 380, avevano venduto le proprie azioni (prove determinanti furono naturalmente delle intercettazioni telefoniche) senza dimenticare i problemi valutari perchè un euro forte sul dollaro, avvantaggiava il costruttore americano.

Una boccata d'ossigeno per Airbus arrivò sicuramente grazie ad Air One che qualche tempo fa (e fino alla scorsa estate) cominciò a fare grossi ordinativi di Airbus a
medio e lungo raggio; peccato che la situazione finanziaria del Gruppo Toto non era propriamente idilliaca; gli ordini di Toto avranno tirato su il morale del consorzio franco tedesco EADS (che controlla Airbus), ma allo stesso tempo avrà magari messo qualche pensiero in casa Air One.





Il destino ha così voluto che gli aerei ordinati da Air One sono andati ed andranno a finire nella flotta della nuova Alitalia che si ritrova a pagare aerei nuovi scelti da altri; si consideri che la gratitudine di EADS sarà nei confronti degli "altri", non di Alitalia; la nuova Alitalia dovrà pagare miliardi per gli aerei acquistati da Air One ed al tempo stesso i cittadini italini dovranno pagare i miliardi di debiti della vecchia Alitalia; se poi si considerano i listini di Boeing ed Airbus, ci venga concessa qualche perplessità sulla scelta degli aeromobili; curioso poi che Air One la cui flotta a medio raggio era basata sul B 737 nelle varie versioni, fosse passata agli Airbus in un momento in cui, coreggetemi se sbaglio, era molto più conveniente comprare "made in USA"; certo il prezzo non è tutto, c'è anche la "standardizzazione" della flotta, quindi un motivo in più per rivolgersi alla Boeing; certamente ci saranno altri validi motivi che sconosciamo e saremmo grati se ci venissero spiegati (lo spazio commenti è aperto a tutti anche per questo).
Certo è che oggi la flotta della nuova Alitalia è ancora più eterogenea di prima, se dalla flotta della vecchia Alitalia sono usciti gli Embraer 145 e gli ATR 72 e 42, sono entrati gli A 330, i B 737-400 e B 737-300, i CRJ 900 e gli RJ 70; si aggiunga poi che sono entrate in linea 4 famiglie di aerei mentre è uscita di scena solo la famiglia ATR mentre della famiglia Embraer resta in linea il fratello maggiore, il 170 per l'appunto; discorso a parte per gli MD 11 Cargo.


LA CONCENTRAZIONE DEI MEZZI NAZIONALI


Torniamo ora a Spinetta che ci ricorda che “per prima cosa non deve disperdere le proprie forze tra più imprese dello stesso settore” e ci ricorda che “tutte le storie di successo sono passate tutte attraverso una grande concentrazione dei mezzi nazionali”, come nel caso di British Airways che “è la risultante della fusione di tre compagnie” e dell’integrazione in Air France di Air Inter e Uta.

Se guardiamo al caso Alitalia, troviamo invece che dopo aver giustamente assunto il controllo della compagnia Eurofly, il management decise di venderla assieme ad altre attività che non rientravano nel cosiddetto core business, come la società Italiatour che era il tour operator del Gruppo Alitalia; viene spontaneo chiedersi come si possa privare una compagnia aerea del proprio tour operator oltre ovviamente, ai charter ed in particolare alle redditizie tratte a lungo raggio. Mistero della fede?


EUROFLY


All'inizio del 2001, appena dopo qualche mese che Alitalia aveva assunto il controllo di Eurofly, cominciarono già a girare voci su una possibile vendita di Eurofly a Volare Group e che l'allora direttore generale di Alitalia, dottor Giovanni Sebastiani, sarebbe dovuto passare con lo stesso incarico a Volare Group; a titolo d'informazione, il Dottor Sebastiani dopo qualche tempo assunse la carica di A.D. di Meridiana.


Arriviamo al 2003 Alitalia e "finalmente" Alitalia vende l’80% del pacchetto azionario di Eurofly (il restante 20% viene venduto nel 2004), l’Amministratore Delegato era Francesco Mengozzi che aveva già siglato la partnership di Alitalia con Air France ed insignito nel 2003 della Legion d’Onore francese, partnership che consentiva a Monsieur Spinetta di sedere nel CdA di Alitalia come rappresentante di Air France.
Francesco Mengozzi, che dal 2007 era stato assunto dalla banca d’affari Lehman Brothers è stato advisor per Air France durante la trattativa per la vendita di Alitalia ad Air France del marzo 2008; anche se Lehman Brothers precisò che Mengozzi assisteva Air France in quanto loro advisor,
qualcuno ipotizzava che il concetto si potesse ribaltare e che Lehman era advisor di Air France in quanto (da aprile 2007) c’era Mengozzi.

Che i francesi apprezzino l’operato di Mengozzi potrebbe essere confermato dal fatto che anche dopo il crack della Lehman Brothers che, il 15 settembre 2008 ha annunciato l'intenzione di avvalersi del Chapter 11 (procedura di "fallimento pilotato" prevista dalla legge statunitense), Francesco Mengozzi ha continuato ad essere consulente per Air France durante la trattativa con la CAI per l’ingresso come azionista all’interno della nuova Alitalia.

Viene spontaneo chiedersi quale sia stato l’atteggiamento del consigliere d’amministrazione di Alitalia monsieur Spinetta nell’ambito della vendita di Eurofly che in base “all’economia della densità” dovrebbe rappresentare un grosso errore.

Comunque sia, al di là del grosso errore strategico, nell'ambito dell'inchiesta che la magistratura romana sta conducendo sulla vicenda Alitalia,
rientra anche la cessione di 13 MD80 di Eurofly al fondo Spinnaker Luxembourg (che poi sarebbe lo stesso fondo che ha acquistato Eurofly); quando nel 2004 Giancarlo Cimoli prese il comando di Alitalia, si diffuse la notizia che l'azienda stava valutando la possibilità di affidare ai legali una verifica del contratto di vendita di Eurofly che sarebbe risultato "palesemente svantaggioso" per Alitalia; particolare attenzione era stata rivolta al prezzo (2 milioni di euro ad aereo) a cui erano stati venduti 13 MD 82 ad Eurofly; la notizia venne "ridimensionata" però con un comunicato stampa dalla stessa Alitalia che escludeva "eventuali azioni di responsabilità verso componenti degli organi sociali della compagnia"; se però consideriamo che quattro anni dopo, la banca Rotschild, advisor di Fantozzi, ha valutato gli MD 80/82 non rilevati dalla CAI tra i 3 ed i 6 milioni di euro ad aereo, qualcosa evidentemente non torna ed è "curioso" che la magistratura sia intervenuta "anche" per chiarire la vicenda degli aerei Eurofly dopo "appena" 4 anni dalle dichiarazioni pubbliche di Cimoli e solo dopo che il Codacons aveva presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma; la domanda sorge spontanea: se non ci fosse stata la denuncia del Codacons, non ci sarebbero state indagini sulla vicenda Alitalia? La domanda ce la siamo già posta in "L'insospettabile crisi di Alitalia" e chi sa per quanto tempo ancora dovremmo ripeterla. Quello del valore residuo degli aeromobili di Alitalia è un argomento interessante; nelle note esplicative al bilancio del 2006 di Alitalia Linee Aeree Italiane (pag. 100) troviamo ad esempio che tale valore è "pari ad una percentuale del costo storico iniziale e precisamente: 10% per B 777, B 767, MD 11, A 321, A 320, A 319, ERJ 145; del 5% per MD 80 ed ATR 72 e dello 0% per gli ATR 42"; si spera quindi di poter approfondire in futuro l'argomento.


IL PESO DEL SISTEMA AEROPORTUALE


Nella sua intervista, Spinetta ricorda “che, dopo aver raggruppato i mezzi, questi stessi vanno riuniti geograficamente”, naturalmente si riferisce agli aeroporti che in Italia sono spuntati come funghi, che vengono pagati con soldi pubblici, che spesso si fanno concorrenza tra di loro offrendo forti sconti sulle tariffe dei servizi aeroportuali ed altri tipi di incentivi alle compagnie low cost, per far si che scelgano un aeroporto piuttosto che un altro; anche nel caso delle compagnie low cost quindi almeno una parte dei costi viene a gravare sui contribuenti e ciò contribuisce a far si che almeno una parte delle low cost possano offrire prezzi più bassi rispetto ad altre compagnie che non beneficiano di tali agevolazioni. Sarebbe interessante sapere perché non è stato preso nessun provvedimento che potesse bloccare questa “fioritura” di aeroporti che hanno contribuito ad alterare il mercato nazionale a discapito delle compagnie aeree che non beneficiavano di tali agevolazioni, tra cui la stessa Alitalia. Diritto alla mobilità o "appalti" e tutto ciò che ruota attorno?


COSTI & PRODUTTIVITA'


Altro capitolo fondamentale nella vicenda di Alitalia, secondo Spinetta è quello dei costi ed infatti sottolinea “che un'impresa significa anche controllo dei costi, un'ossessione permanente nel paragonarsi agli altri, nel misurare la propria produttivitià, assicurarsi che il personale lavori almeno quanto si lavora altrove, e se possibile meglio. Il pilastro dei costi è importantissimo, anche se ovviamente non bisogna trascurare quello dei ricavi.”

Sul “pilastro dei costi” di Alitalia come membro del Cda di Alitalia, Spinetta si era
già pronunciato nel novembre 2005 promuovendo “lo sforzo di risanamento compiuto da Alitalia per ridurre i suoi costi che definì “impressionante, anzi spettacolare”; secondo Spinetta la compagnia italiana era quella “con i costi più bassi d' Europa” ed aveva “un potenziale per ripartire” che aveva già mostrato i suoi segni “con la ripresa del mercato interno”; visto il risultato, più che di partenza, si sarebbe dovuto parlare di “departenza”.

Spinetta però parlò dei costi più bassi d’Europa in generale e se andiamo a vedere su
Analisi Alitalia, troviamo che per ciò che riguarda il costo del lavoro era vero: ogni dipendente di Air France-KLM costava mediamente 64.910 euro annui contro i 64.669 euro per dipendente di Alitalia Fly (quindi con metà dell'organico composto da piloti e assistenti di volo); se ad Alitalia Fly si aggiungono i servizi di terra di Alitalia Servizi, (Air France dispone di propri servizi di terra) si scende a 56 .531 euro annui.

Politicanti e pseudo esperti vari però, andavano dicendo e scrivendo (con ampio risalto dei media) l’opposto; chi sa come mai. Lo stesso dicesi per ciò che riguarda la
produttività; metnre nel 2006 Air France - KLM fatturava 223.901 euro annui per dipendente, Alitalia Fly ne fatturava 413.298 che scendevano a 299.901 se si aggiungeva alla media Alitalia Servizi; certo, si parla di costo medio e quindi di stipendi medi e poichè sono notevoli le differenze tra un operaio ed un funzionario (che magari doveva "studiare" il nome da dare gli aerei che entrano in servizio), si potrebbe intuire uno dei motivi perchè in Alitalia scioperi ed agitazioni non mancavano.

Certo, ci sono gli "altri costi", a partire dalle bottiglie di Coca Cola
pagate tra i 7 euro e 50 centesimi ed i 40 euro al pezzo; come abbiamo già visto, tra l'elenco dei creditori di Alitalia, le curiosità non mancano; se Spinetta dice che i costi di Alitalia erano i più bassi, vuol dire che "certi costi" sono schizzati alle stelle dopo il 2005?

Quache altra riflessione andrebbe fatta sul "paragonarsi agli altri"; i costi di gestione di una compagnia aerea di bandiera che svolga servizio pubblico, si possono confrontare con quelli di una low cost? Dubito che i francesi lo abbiano fatto; Le Figaro tempo fa ha pubblicato una tabella interessante dove si confrontano i dati sia di Ryan Air e di Easy Jet (entrambi low cost) che di Air France - KLM, British Airways e Lufthansa che oltre ad essere compagnie di bandiera, sono full carrier airlines che soddisfano tutte (o quasi) le proprie necessità di compagnia aerea con personale ed attrezzature interne alla stessa azienda e la differenza è sotto gli occhi di tutti alle voci "chiffre d'affaires (fatturato) ed "effectifs" (dipendenti). In Italia, per la vicenda Alitalia, i vari "sapientoni" imposti dai media nostrani hanno invece sistematicamente sfornato confronti assurdi evitando quelli con le altre compagnie di bandiera; come dimenticare lo stupore di Piero Ostellino sul Corriere della Sera quando si ritrovò certi dati su costo del lavoro e produttività? L'argomento ebbe naturalmente bassissima visibilità e venne immediatamente messo da parte ma come si suol dire, "succede".

Spinetta, che dimostra di avere la capacità di pensare di termini di "sistema Paese", è comunque fiducioso per il futuro di Alitalia anche perchè la nuova società è privata al 100% e non ci sarà più il peso della politica; guardando però all'azionariato diretto ed indiretto, si tratta però di una convinzione che non ci sentiamo di condividere a meno che, si ammetta che qualcuno continua a fare "l'imprenditore" mentre fa politica per lobby. Pardon, per "hobby".

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